Lotta per le investiture

La lotta per le investiture, che contrappose il Papato e l’impero nei secoli XI e XII, ebbe per oggetto la prerogativa del papa o dell’imperatore nella scelta e ordinazione dei vescovi.


Le disposizioni degli ultimi imperatori romani 

Già alla fine del IV secolo Arcadio e Onorio avevano riconosciuto alla sentenza emanata dalla episcopalis audientia pari dignità rispetto a quella pronunziata dal tribunale pubblico. Attorno al vescovo cominciarono a gravitare i fedeli bisognosi di aiuto di natura materiale, oltre che spirituale.

Subito dopo la guerra gotico-bizantina (535-553), l’imperatore Giustiniano incapace di ricostruire le strutture di controllo statale, promulgò nel 554 la Prammatica Sanzione, che contiene anche direttive che dettero ai vescovi prerogative proprie di altri funzionari imperiali. Da quel momento in poi le disposizioni dei vescovi ebbero forza di legge con valore vincolante per tutta la popolazione, anche se in contrasto con le decisioni prese da altri funzionari imperiali romani come i prefetti, anche se appoggiati da tribunali laici.

Interazione tra Germani e Latini 

I nuovi conquistatori barbari avevano bisogno dell’appoggio ecclesiastico, se non altro perché i chierici erano gli unici -durante l’alto medioevo- a saper leggere e scrivere. Ne è prova il fatto che le consuetudini barbare subirono forti modifiche a contatto con l’antico bagaglio tecnico-giuridico di stampo latino, di cui la chiesa rimaneva ultima depositaria. Codici scritti soppiantarono ben presto le arcaiche usanze tribali (assemblee generali con votazione a maggioranza). Un esempio è il Codex Longobardorum, emanato da re Rotari ed esempio di armonizzazione del diritto germanico con quello latino.

Inizio del potere temporale dei Papi 

Indipendentemente dal loro status, i vescovi erano funzionari dipendenti da Bisanzio così come lo era la diocesi romana. Teodorico il Grande, che governò l’Italia come funzionario dell’impero romano e come re, fu forse l’ultimo funzionario imperiale a tenere il potere dei vescovi entro i limiti originari.

Con Gregorio Magno le cose cambiarono parecchio: il Praefectus urbi si era trasformato in un funzionario pontificio e prendeva ordini direttamente dal Laterano, mentre il magister militum era ufficiale dell’esercito pontificio; tutti i dipendenti civili furono sostituiti con altri di natura ecclesiastica, compresi i diaconi adibiti alla riscossione delle imposte.

Il re longobardo Liutprando, in cerca di un accordo che rinforzasse il suo stato, fece dono a Papa Zaccaria della cittadina di Sutri. Con questa donazione e il falso documento riguardante la così detta donazione di Costantino, i Papi cominciarono ad rivendicare il controllo spirituale e temporale delle terre dell’Italia centrale e dell’Europa ad ovest della Grecia.

La Chiesa Imperiale degli imperatori sassoni 

Durante l’impero di Carlo Magno il potere civile era forte e i vescovi tornarono ad essere considerati dei semplici funzionari, sulla cui nomina i sovrani potevano interferire pesantemente. L’impero carolingio, però, fu diviso in tre tronconi (Italia, Germania e Francia), il potere statale perse autorità ed efficacia, soprattutto in Italia e Germania. Il fatto più grave, però, fu il riconoscimento dell’ereditarietà dei feudi (Capitolare di Quierzy, 877), che privava l’imperatore di gran parte dei suoi poteri. Nel caos post-carolingio crebbe anche l’autonomia di molte città, guidate inizialmente dal loro vescovo, ma destinate a trasformarsi in liberi comuni.

Nel X secolo, il potere imperiale passò ai re di Germania, di stirpe sassone. Il primo di loro, Ottone I, non volendo ricadere negli errori dei carolingi, basò sistematicamente il proprio potere politico sull’assegnazione di importanti poteri civili a vescovi, che egli stesso aveva nominato. I vescovi, infatti, non potevano avere prole legittima, a cui trasmettere i benefici ricevuti. Inizialmente Ottone assegnò poteri di districtus, ossia di comando, polizia ed esazione, sulla città e sul territorio circostante. In seguito i poteri furono estesi ad interi comitati, a spese del conte laico e creando dei veri e propri vescovi-conti.

In pratica la funzione vescovile ne fu snaturata, perché l’assegnazione della carica non era più basata sulle doti morali o sulla cultura religiosa del candidato, ma esclusivamente sulla sua fedeltà all’imperatore. La pratica, inoltre, degradò rapidamente nella simonia, cioè nell’assegnazione del titolo vescovile a laici, che erano in grado di versare cospicue somme di denaro all’imperatore, certi di recuperarle tramite i benefici feudali che ormai accompagnavano il titolo vescovile.

 

Lo scontro nel XI-XII secolo 

Dictatus papae (Archivio Vaticano)

La lotta tra papato e impero cominciò con Papa Niccolò II, eletto nel 1059: egli mediante il concilio Lateranense condannò l’investitura laica dei vescovi ed escluse l’imperatore dalla partecipazione attiva all’elezione del pontefice. Ma il personaggio più importante è forse Papa Gregorio VII che, nell’ambito di un’azione più ampia che va sotto il nome di Riforma gregoriana, emise nel 1075 il famoso Dictatus Papae. Con questo documento si dichiarava che il pontefice era la massima autorità spirituale e in quanto tale poteva deporre la massima autorità temporale (l’imperatore), mediante la scomunica; veniva così espressa una vera e propria teocrazia. La lotta divenne aspra tra il Papa e l’imperatore di germania Enrico IV, che radunò i vescovi a lui fedeli i quali deposero il pontefice che a sua volta scomunicò l’imperatore.

A causa della ribellione dei grandi feudatari tedeschi, Enrico IV si recò nel 1077, in gennaio (si dice vestito di semplice lana), davanti al castello di Canossa per ottenere il perdono del Papa con la mediazione della contessa Matilde (giovane vedova che aveva ereditato il feudo dal marito). La vicenda viene ricordata come l’umiliazione di Canossa: si narra che l’Imperatore dovette aspettare tre giorni e tre notti prima di essere ricevuto e perdonato.

Ottenuto il perdono, e sistemati i feudatari ribelli, Enrico IV convocò un concilio a Bressanone (1080): Gregorio VII fu deposto e sostituito con un antipapa Guiberto di Ravenna (Clemente III); ovviamente non si fece attendere la nuova scomunica da parte del Papa contro l’imperatore. Per tutta risposta Enrico IV scese in Italia e cinse d’assedio Castel Sant’Angelo dov’era asserragliato Gregorio che chiamò in suo soccorso i normanni guidati da Roberto il Guiscardo.

Sconfitti i Germani, i normanni si abbandonarono al saccheggio della città provocando una rivolta nella popolazione romana che costrinse il Papa a fuggire rifugiarsi presso i normanni, a Salerno, dove scomparve nel (1085). Successivamente morì anche Enrico IV (1106).

I successori di Gregorio, fra cui va ricordata l’opera di Pasquale II (disposto ad una radicale rinuncia da parte della chiesa ai beni terreni), furono più inclini al compromesso, limitandosi a pretendere che i sovrani laici non attribuissero uffici spirituali, mentre per i regnanti era fondamentale che i vescovi investiti del potere temporale riconoscessero l’autorità del sovrano. Con il patto di Sutri (1111), l’imperatore rinunciava alle investiture e i vescovi avrebbero restituito tutti i terreni ottenuti.

Il Concordato di Worms del 1122 concluso tra Papa Callisto II ed Enrico V rappresentò un modello per gli sviluppi successivi delle relazioni tra la Chiesa e l’Impero. Secondo il concordato, la Chiesa aveva il diritto di nominare i vescovi, quindi l’investitura con anello e pastorale doveva essere ecclesiastica. Le nomine, tuttavia, dovevano avvenire alla presenza dell’imperatore, o di un suo rappresentante, che attribuiva incarichi di ordine temporale ai vescovi (appena nominati dal Papa) mediante l’investitura con lo scettro: un simbolo privo di connotazione spirituale.

Nonostante il concordato di Worms, la Chiesa nel Medioevo non ottenne mai un controllo completo nella nomina dei vescovi. Ma le basi per la progressiva divisione dei poteri erano state gettate.

Lotta per le investitureultima modifica: 2008-12-13T18:19:56+01:00da giusy1967
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