Brevi note su Lancelot, Le Chevalier À La Charette Lancelot, Le Chevalier À La Charette di Chrétien de Troyes

Chrétien de Troyes ha composto questo ‘roman’ per ordine di Maria di Champagne, figlia di Eleonora di Aquitania, probabilmente intorno al 1165. Come egli stesso dichiara, è stata la contessa a fornirgli la matière e il sens, la materia e il significato, ma anche, noi intendiamo, la materia e il sangue (all’epoca sens e sang avevano stessa pronuncia), quindi la materia e il vaso in cui cuocerla (vedi infra). Il contenuto consiste nell’avventura di Lancillotto che deve liberare la regina prigioniera, Ginevra; ecco come viene descritta altrove da Galvano:
«è cortese, bella e saggia senza pari. Insegna e istruisce tutti coloro che vivono. Da lei discende tutto il bene del mondo. Essa ne è fonte e origine.. Nessuno si comporta con rettitudine e conquista onore se non avendoli appresi da lei»
(Qui e in seguito i corsivi sono di Paolo Lucarelli)
Si riscoprono parole chiave che ci ricordano tra l’altro Alano di Lilla:
Pax amor virtus regimen potestas
ordo lex finis via dux origo
vita lux splendor species figura
(Regula Mundi)
Ginevra dunque è Dama Natura, lo Spirito o, meglio, l’Anima Universale, l’Anima del Mondo, qui corporificata nella Fontana degli Innamorati della Dottrina e nella nostra Regina imprigionata in una veste orrenda e tenebrosa. Deve esserne liberata. È la materia prima, nera, oscura, vile, disprezzata dal volgo, preziosissima per il Filosofo. Per liberarla occorre Lancelot. Il nome di questo eroe non è di origine celtica o normanna, ma è nome francese, derivato dalla parola ancel di radice latina (ancilla). Indica un servitore. Ancelot ne è diminutivo. In questa forma senza articolo è talvolta indicato, come nel romanzo di Ogier:
«N’est mie de la fable Ancelot ne Tristan».
Per cui ‘l’Ancelot’ e poi ‘Lancelot’. È il leale servitore il cui compito è liberare la Regina dell’Opera dalle tenebre, dal ‘nero’, per poi diventarne l’amante. Per quanto riguarda il primo punto vediamo ad esempio il Pernety: “servitore, domestico, è il nome che i Filosofi hanno spesso dato al loro Mercurio. Trevisano lo chiama il nostro servo rosso, il Filalete e molti altri lo chiamano nostro servo fuggitivo a causa della sua volatilità” (Fables égyptiennes et grecques dévoilées..Fables égyptiennes et grecques dévoilées..). Per il romanzo di Chrétien nel suo insieme, e l’inevitabile amplesso tra Lancillotto e Ginevra, è ottimo questo passo di Nicolas Valois (Les cinq livres ou la Clef du secret des secrets. Livre premier, Théorique) che ha il vantaggio di testimoniare un’antica tradizione simbolica che risale almeno ai greco-alessandrini:
«È questa Acqua prigioniera (la nostra Regina) che grida senza posa: Aiutami e ti aiuterò. Cioè liberami dalla mia prigione, e una volta che me ne avrai fatto uscire, ti renderò Padrone della fortezza in cui sono racchiusa.
L’Acqua dunque che è racchiusa in questo Corpo è la stessa natura di Acqua di quella che gli diamo da bere (Lancillotto), che è chiamata Mercurio Trismegisto, di cui intende parlare Parmenide quando dice: “Natura si allieta in Natura, Natura supera Natura e Natura contiene Natura”.
Perché quest’Acqua imprigionata si allieta col suo compagno che la viene a liberare dai suoi ferri, si mescola con lui (l’amplesso, l’adulterio) e infine convertendo in se stessi la detta prigione, e rigettando ciò che è loro contrario, che è la preparazione, sono convertiti in acqua mercuriale e permanente».
Torniamo al nostro romanzo, che incomincia il giorno dell’Ascensione, cosicché sappiamo sin dall’inizio di cosa si tratta, quale è lo scopo: è quello che in termini tecnici si chiamerebbe una sublimazione o, con un chiaro simbolismo, il passaggio dal nero al bianco.
La regina è prigioniera di un malvagio: Méléagant, figlio del re di Gorre. Noi leggiamo ‘mescolato alla ganga’ il nome del custode della prigione, e vediamo in Gorre una probabile deformazione di Gore, gora, oppure un derivato di gorge; comunque un’indicazione di cavo e profondo. È la vecchia quercia cava della più antica tradizione. D’altronde Gorre è un regno da cui nessuno straniero può evadere. Chi vi giunge resta prigioniero per sempre. Si noti che la liberazione della Regina comporta la libertà per coloro che vi sono trattenuti. È un possibile riscatto globale, universale. Nel microcosmo alchemico vuole dire che tutta la materia è purificata. Ora, per entrare nel regno vi sono soltanto due modi, comunque entrambi difficili:
«Vous y trouverez obstacles et trépas car c’est affaire très périlleuse d’entrer en ce pays….L’accés n’en est permis que par deux cruels passages. L’un a nom pont dessous l’eau, parce qu’il est vraiment sous l’eau entre le fond et la surface, il n’a qu’un pied et demi de large et autant d’épaisseur. L’autre pont est le plus mauvais et le plus périlleux que jamais l’homme n’ait passé. Il est tranchant comme une épée et c’est pourquoi tous les gens l’appellent le pont de l’épée».
(Vi troverete ostacoli e morte, perché è cosa ben pericolosa entrare in questo paese…L’accesso vi è possibile solo per due crudeli passi. Uno ha nome ponte sotto l’acqua, perché davvero è sotto l’acqua tra il fondo e la superficie, non ha che un piede e mezzo di larghezza e altrettanto di spessore. L’altro ponte è il più cattivo e pericoloso che mai uomo abbia traversato. È tagliente come una spada, perciò tutti lo chiamano ponte della spada)
Dunque due vie, una ‘umida’ e una ‘secca’. Nella seconda, la via della ‘spada’, l’acciaio magico (il chalybs del Cosmopolita e di Filalete) sostiene un ruolo fondamentale e insostituibile. Ricordo un passo di un autore poco noto:
«prendi dell’acciaio ben affilato e aprile (alla materia) le viscere e troverai questa seconda materia dei Filosofi.. ma senza acciaio ben raffinato e lavorato dalla mano di un buon Maestro, non pensare di venirne a capo».
(Dom Belin, Les aventures d’un Philosophe inconnu..)
Da qui il simbolismo della spada magica, usato in tanti racconti, a indicare la via iniziatica prescelta. Pensiamo a Excalibur, la più famosa, dal nome così facilmente interpretabile. Lancelot et Gauvain devono scegliere. Il primo va per la via secca, il secondo per l’altra. Vedremo che Gauvain fallisce, possibile suggerimento sull’inutilità di questa via. Notiamo che Lancelot a questo punto è ancora in ‘incognito’. Di più, è disprezzato per aver accettato di montare su una carretta di ludibrio, e quindi per essersi volontariamente avvilito senza motivo apparente. Per comprendere è illuminante il gioco cabalistico, peraltro molto trasparente: charette va inteso come diminutivo di charrée, la cenere che si usa per la liscivia e come fertilizzante per i campi:
«O quam praeciousus est cinis ille filiis doctrinae, & quam praeciosum est quod ex eo fit». (Quanto è preziosa quella cenere per i figli della dottrina, e quanto prezioso ciò che da lei si fa) (in Turba)
dicono i Maestri, raccomandandoci di non disprezzarla. È la piccola ‘Cenerentola’ che tra l’altro fornisce la scarpetta di vetro, di verre, vert, il Verde inestimabile, che sarà stimolo per un’altra avventura, dedicata questa volta a Galvano (Sir Gawain e il Cavaliere Verde). È il colore del vaso prezioso, del Santo Graal, (il sangreal, il sangue regale). La materia va cotta col suo sangue e, come insegna la Turba, tutto ciò che ha sangue ha anche spirito. Proseguiamo. Lancelot dunque parte per la via che ha scelto, quella che gli era predestinata da sempre, e va pensoso
«come un uomo che non ha né forze né difese verso Amore che lo governa. Dimentico di se stesso, non sa se è o se non è. Non ricorda il proprio nome. Non sa se è o non è armato. Non sa né dove va né da dove viene. Non ricorda nulla, se non una cosa, una cosa soltanto, e per quella ha dimenticato tutte le altre. Pensa soltanto a quella, tanto che non vede e non sente nulla».
Descrizione dell’iniziato immerso nella Via, ma anche di ogni uomo immerso nel mondo e nel cammino della vita, ignaro del suo vero nome, delle sue origini e del suo traguardo. La differenza consiste, per l’iniziato, non tanto nelle conoscenze che possiede, perché gli sono state trasmesse in uno dei due modi legittimi, ma piuttosto nell’avere egli una direzione, non vogliamo qui dire uno scopo che elimina la necessaria gratuità della ricerca. Egli ha una guida, un punto di riferimento (la Stella Polare!) e perciò, mirando solo a quello, si scopre sempre più ‘in sonno’ verso la vita profana, mentre si ‘risveglia’ all’interno, e non la vede e non la sente più.
Ovviamente, in una prospettiva più ‘tecnica’, questa è anche la descrizione dello Spirito corporificato del nostro fuoco, che a questo punto non è ancora passato dallo stato potenziale a quello attuale, è ancora ‘insonnolito’, e che purtuttavia è lo stesso amor che guiderà tutta l’opera. Amor che, con un anagramma ben noto, diventa Roma, la ‘forza forte di ogni forza’ della Tavola di Smeraldo, quella che può vincere ogni cosa sottile e penetrare qualsiasi cosa spessa. Le due letture sono tanto più coerenti, se si tiene conto che entrambi, fuoco e iniziato, hanno diritto al titolo nobilissimo di artigiano, e sono stati conglobati nel simbolo unitario di Elia Artista.
Lancelot prosegue per la sua strada, e passa per un cimitero, dove trova un sarcofago coperto da una pietra così pesante che, come lo avverte il guardiano -un monaco, «pour la lever, il faudrait sept hommes plus fort que vous et moi ne sommes» («per sollevarla occorrerebbero sette uomini, più forti di quel che tu ed io non siamo»). Porta una scritta:
«Colui che solleverà da solo questa pietra, libererà quelli e quelle che sono prigionieri in questa terra da cui non possono uscire né servi né gentiluomini nati altrove».
È una epitome dello stesso romanzo. Sollevare la pietra tombale è lo stesso che liberare la Regina e superare la fase della ‘putrefactio’, laddove sette sono le reiterazioni necessarie. Lancelot solleva la pietra senza alcuna difficoltà. Giunge poi da un gentiluomo che fornisce le ultime indicazioni sulla via da seguire. Si scopre qui che vi sono due modi di giungere al Pont de l’Epée, al ponte della Spada. Una strada più sicura e tranquilla, ma lunga, e una rude e pericolosa, ma breve. Questa passa per il passage des pierres, il passaggio delle pietre. Lancillotto decide di andare per la via breve. Noi peraltro abbiamo appreso che ci sono due vie secche, o che, perlomeno, dopo un inizio comune, questa via si bipartisce in lunga e breve. La discriminazione si verifica al momento della soluzione, che può essere dolce o violenta. Fulcanelli lo spiega molto chiaramente. Siamo infine al Pont de l’Epée:
«A l’entrée de ce pont terrible.. ils voient l’onde filoueuse, rapide et bruyante, noire et epaisse, aussi laide et épouvantable que si ce fût fleuve du diable. Et si périlleuse et profonde qu’il n’est nulle créature au monde si elle y tombait qui ne soit perdue, comme en la mer salée. Le pont qui la traverse n’est pareil à nul autre qui fut ni qui jamais sera. D’une epée fourbie et blanche était fait le pont sur l’eau froide. L’épée était fort et roide, et avait deux lances de long. Sur chaque rive était un troue où l’épée était clofichée.. Deux lions ou deux léopards à chaque tête de ce pont, enchaînés à une grosse pierre».
(All’ingresso di questo terribile ponte.. vedono l’onda che scorre, rapida e fragorosa, nera e spessa, orrenda e spaventosa come fosse fiume del diavolo. Così pericolosa e profonda che non vi cadrebbe creatura al mondo senza perire, come nel mare salato. Il ponte che la traversa non è simile ad altro che sia stato o che mai sarà. Di una spada affilata e bianca era fatto il ponte sull’acqua fredda. La spada era forte e rigida, e lunga due lance. Su ogni riva stava un foro ove la spada era infissa. Due leoni e due leopardi a entrambi i capi del ponte, incatenati a una grossa pietra)
Descrizione della materia prima, nera, spessa, salata, rappresentata, come ricorda Fulcanelli, dall’immagine di Satana. L’acciaio è bianco, mentre i due leoni saranno evidentemente, uno verde e l’altro rosso, quelli del consueto simbolismo, un’unica materia nelle sue evoluzioni. (Vedi Basilio Valentino nella prima Chiave). Come viene detto nel seguito, passare quel ponte equivale a
«trattenere i venti, impedire agli uccelli di cantare, far rientrare un uomo nel ventre di sua madre, e farlo rinascere, vuotare il mare».
Cioè fissare il volatile, corporificare gli spiriti, reincrudare i corpi morti, cioè farli resuscitare rimettendoli nella sostanza originaria da cui tutti hanno preso vita, ed estrarre il corpo rivitalizzato dal mare, cioè dalla madre. Lancillotto supera il ponte e giunge alla prigione della Regina dove deve combattere contro il suo carceriere. È un combattimento violento, come descrivono tutti i Maestri, ma alla fine vince facilmente perché grazie a Ginevra il suo vigore diventa insuperabile:
«essa ha acceso nel suo corpo la fiamma.. e questa fiamma lo rende ardentissimo».
Il servitore disprezzato è finalmente diventato il fuoco segreto che nulla può vincere, completamente trasformato da potenziale ad attuale, reso ‘ardentissimo’. Contemporaneamente la Regina è libera, e la Madonna nera è diventata la nostra Vergine bianca e pura. L’operazione capitale è conclusa

 

Articolo di Paolo Lucarelli da:

http://www.zen-it.com/

Brevi note su Lancelot, Le Chevalier À La Charette Lancelot, Le Chevalier À La Charette di Chrétien de Troyesultima modifica: 2009-01-15T17:50:37+01:00da giusy1967
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